Il settore della pelletteria italiana tira le somme dell’andamento del 2020, anno decisamente critico da quanto emerge dall’analisi di Assopellettieri, secondo cui si riscontrano flessioni superiori a un terzo rispetto ai livelli del 2019 sia per quanto riguarda la produzione industriale sia il fatturato. La flessione è il risultato di un doppio trend negativo: quello dell’export, che ha perso 2,7 miliardi di euro nel corso dei dodici mesi, annullando quasi interamente la forte espansione del biennio precedente e quello delle vendite al dettaglio in Italia, che hanno chiuso l’anno con una contrazione del 24,4%.
Malgrado l’incremento degli acquisti on-line, si sono comunque ridotti i consumi delle famiglie e si è totalmente annullato il contributo derivante dallo shopping dei turisti. Si è ridotto del 27,8% l’attivo del saldo commerciale settoriale e si registrano cali generalizzati –quasi sempre a doppia cifra – sui mercati più importanti, con rarissime eccezioni; nel Far East tengono le due principali destinazioni (+0,5% per entrambe), pur con una contrazione in volume: Corea del Sud, divenuta terzo cliente in valore, e Cina continentale (grazie ad un deciso recupero negli ultimi mesi).
In questo contesto sfavorevole, anche il numero complessivo delle aziende si è drasticamente ridotto, con quasi 200 imprese in meno rispetto al 2019, tra industria e artigianato con conseguenze pesanti anche sull’occupazione: 8 aziende su 10 sono ricorse agli ammortizzatori nel quarto trimestre. Nell’intera filiera della pelle sono state autorizzate nel 2020 83 milioni di ore di cassa integrazione guadagni (+900% sul 2019).