Nel corso di una partecipata videoconferenza, CNA Federmoda ha presentato l’indagine (che si è conclusa settimana scorsa) condotta con Local Global riguardo alle conseguenze della pandemia e del lockdown su tutta la filiera della Moda italiana: Tessile, Abbigliamento, Pelle, Cuoio e Calzature.
Più nello specifico, delle diverse centinaia di aziende che hanno risposto la stragrande maggioranza è costituita da micro e piccole imprese artigiane.
Il 58% appartiene al settore Confezione-Abbigliamento-Maglieria-Accessori, il 14,7% a Pelletteria-Conceria-Pellicceria, il 12,3% alla Calzatura e solo il 12% al Tessile.
Molte delle MPMI partecipanti hanno sede in Centro Italia, ancor più nel Nord Est; più della metà (54%) contano un numero di addetti entro o sotto i 5, pochissime (7,8%) sopra i 20.
I risultati dell’indagine
L’indagine, con focus sul sentiment, sui problemi incontrati e sulle richieste delle aziende, ha evidenziato che l’impatto sul settore è stato rilevante.
Il problema principale segnalato è la mancanza di ordini/commesse, e la difficoltà a tenere i clienti o trovarne di nuovi. A seguire la difficoltà di far fronte ai pagamenti, trovare liquidità e sostenere i costi (che sono presenti anche se l’azienda è chiusa).
Per il 2020 si è registrata inoltre una previsione di calo del fatturato nel 85,9 % dei casi; più della metà delle aziende intervistate dichiara una diminuzione compresa tra il 33% e il 66%. Molto diffuso il ricorso agli ammortizzatori sociali e ai contributi (richiesti dal 78,9% delle imprese).
Blocco della produzione e riavvio
Alle aziende è stato chiesto per quanto tempo è rimasta bloccata la produzione (considerando che l’indagine si è protratta per qualche settimana, quindi la risposta è variata anche a seconda del momento in cui è stata consegnata). La maggior parte delle imprese ha comunicato un blocco della produzione di 6 settimane; in generale, comunque, si registra un periodo da 5 a 10 settimane.
Il 70% aziende aveva già riavviato la produzione a fine maggio/inizio giugno; Pelletteria e Conceria hanno ripreso prima degli altri settori, soprattutto la Conceria (anche per la deperibilità delle materie prime).
Considerando la situazione molto seria, il sentiment più diffuso è una ragionevole preoccupazione; tuttavia in pochissimi casi si segnala una sfiducia verso la possibilità di riuscire a riavviare l’attività. Oggi oltre il 70% delle imprese intervistate ha riaperto e il 15% prevede di farlo entro il 2020; soltanto un 3,3% prevede di chiudere.
La ripresa dell’attività non impedisce purtroppo crolli di fatturato estremamente significativi: circa i 2/3 delle aziende perde almeno 1/3 del fatturato normale sul 2020.
Molte imprese collocano nel 2021 il ritorno alla normalità, ma potrebbero manifestarsi criticità se il sostegno pubblico non fosse nel medio-lungo periodo all’altezza dei bisogni delle imprese.
Oltre il 40% delle aziende non prevede contrazioni di occupazione nel 2020, oltre il 25% invece commenta di non saperlo ancora. Pelletteria e Conceria in quanto a occupazione hanno tenuto bene; drammatico invece il crollo delle ore lavorate, ma pur sempre in linea con la contrazione del fatturato.
Riguardo agli investimenti, Covid e lockdown hanno cambiato tutto: solo il 7,2% delle imprese conferma nel 2020 gli investimenti programmati. In questo caso le differenze tra settori sono poco rilevanti.
La crisi ha portato problemi di liquidità e pagamenti sia a fornitori sia a clienti, fatto che per 3/4 delle aziende (nonostante gli sforzi delle imprese a fronteggiare la situazione con richiesta di contributi e finanziamenti, utilizzando la Cassa Integrazione, i finanziamenti bancari e rinegoziando i pagamenti) ha comportato un indebitamento. Anche qui le differenze settoriali sono minime, il problema è generalizzato.